Good Ideas 2 di Ben & Jerry's Italia in dirittura d'arrivo

venerdì 22 giugno 2012


Il 30 giugno si conclude Good Ideas 2, l'iniziativa con cui Ben & Jerry’s si impegna ad aiutare 25 associazioni con una donazione ad ognuna di esse di 2000 euro.
La selezione delle Good Ideas avverrà tramite la decisione di una giuria di ambassador, 10 giovani appassionati e conoscitori di Ben & Jerry's con i background piu' diversi, dalla ricerca al volontariato, dalla creativita' alla comunicazione, che nel 2011 hanno partecipato ad un approfondito progetto sulla storia e la filosofia del brand Ben&Jerry's, e ad un workshop da cui è emersa l'idea di Good Ideas.
La decisione sarà un processo tanto interessante quanto difficile: tutte le associazioni sarebbero meritevoli poiché tutte sostengono tematiche importanti. Perciò Ben & Jerry's chiede anche il supporto degli utenti, che tramite un vostro semplice click sul sito goodideas.benjerry.it possono votare l'associazione che preferiscono.
Le preferenze degli amabassador e degli utenti faranno emergere le 25 Good Ideas più meritevoli.

Casa Focumia vi invita a votare:)

Casa Focumia on the road

venerdì 3 aprile 2009

Dopo tanto tempo un grande ritorno.

Forse non tutti sanno che sabato 28 marzo WWF aveva organizzato una giornata di sensibilizzazione contro glisprechi di energia elettrica, chiamando l’iniziativa 3600 secondi di magia.

Tutti erano invitato a fare a meno per un’ora dell’energia elettrica e a riscoprire l’intimità del buio.

3 membri di Casa Focumia, Barbara, Gabry e Silvia, hanno avuto la fortuna di avere un’ottima location bucolica per partecipare a questo evento: un agriturismo nella Tuscia nei pressi di Montefiascone immerso nel verde, nel buio e nel silenzio vero!

Nella sezione a destra "Le nostre foto2 potete vedere il reportage fotografico del weekend: Orvieto e Civita di Bagnoregio.

Quello che segue é un contributo “letterario” per la riscoperta del buio scritto da Barbara.


NOTTE STELLATA

Un gruppo di amici, un viaggio, un fine settimana lontani dal frastuono della città.

Qualcuno narra di luci spente, di buio che salva, della troppa luce che rischia di uccidere il pianeta.

Qualcuno dice di raccontare.

Chi ha messo le candele in valigia?

Arriva l’ora del buio.

All’improvviso il ritorno di un passato primitivo e dimenticato collega le umanità del mondo.

Smarrita è la strada.

Si intravede un nuovo pensiero, di essere anche quello che non si è………

E sulla pelle vibra la presenza degli antichi.

Ritorna lo stare intorno al fuoco in un abbraccio di roccia.

Ritorna il calore della vicinanza che rinfranca

dalla paura di tutto ciò che dal fuoco non viene salvato.

Una ricompensa di infiniti barlumi per chi il capo non china.

Il cielo, che di latte nutre.

E ancora lo stupore, la scoperta di animali terrestri.

la misura della distanza che diventa perfetta.

la nostalgia di Sirio, che un dio crudele ha improvvisamente nascosto e nasce il figlio delle stelle che salva l’umanità: desiderio.

Qualcuno annuncia che il buio sta finendo.

Ritorno lentamente nel mio corpo uguale ma diverso.

La consapevolezza di un cambiamento profondo mi accompagna.

Barbara Cafaro

Sottoli Casa Focumía

lunedì 7 luglio 2008

Hello, Silvia's speaking.
Non ho molto sonno e fa un caldo immane, quindi per passare il tempo inizio il mio progetto di ricette nate qui nel goloso girone di Casa Focumía.
Chissà perchè sospetto che nessuno dei nostri amici vorrà fare le ricette, in tal caso provate a passare per vedere se è avanzato qualcosa che ve lo offriamo però solo se portate della birra:D

Dovete sapere che una delle cose che rendono particolare Casa Focumía oltre alla Bionda è l'arrivo del pacco calabro acchittato dalla signora Francesca, la mamma della Bionda.
Io che adoro ricevere e spedire lettere e pacchi sono rimasta estasiata dal vedere uscire dal mega scatolone inspaghettato ad arte (sempre al limite dei 30 kg!) una intera cassetta di arance, verdure fresche, bottiglie di olio, ottima frutta di vari generi ed uova incartate!
SEMPRE PIU' FIERI DI ESSERE MERIDIONALI! Dal nord non arriverebbero mai ste cose...
Le arance sono finite in insalate miste, ad offrire generose spremute ed a fornire la buccia che ho potuto poi macinare per ricavare una polvere profumata da 10.
Ho quindi creato un simil Shichimi togarashi di cui vi parlerò in futuro magari.
Cosa c'entra il pacco con la ricetta? Bene, spesso non riusciamo a smaltire tutte le verdure dell'orto calabro quindi ho pensato di ricavarne qualcosa che si preservasse nel tempo, ma non appestasse casa visto che qualcuno odia l'odore dell'aceto soprattutto se cotto.
Personalmente non amo i sottoli mollicci, troppo acetosi, un po' anonimi, ma che soprattutto necessitano di ore e caldo ai fornelli per scottare le verdure in aceto...
Vi propongo quindi un metodo infallibile per creare sottoli ottimi complementi per insalate che però si "cuociano" in aceto di notte senza che voi facciate altro.

Casa Focumía consiglia in particolare questa versione: peperoni verdi, cetrioli, zucchine bianche, aglio, peperoncino calabrese, TANTA menta, SHICHIMI TOGARASHI: testata sul campo.


Ingredienti:

  • verdure "dure" a scelta (per esempio zucchine, citrioli, peperoni, peperoncini, melanzane e carote)
  • aglio fresco a fettine
  • spezie varie secche (menta, peperoncino intero rotto a metà, buccia di arancia, alga nori a striscioline, origano, semi di finocchio, insomma come capita)
  • aceto di vino bianco
  • sale
  • ottimo olio evo
Preparazione

Si inizia il giorno prima.
Lavare in acqua corrente un canovaccio (possibilmente a trama non "pelosa") per eliminare tracce di ammorbidente e metterlo ad asciugare.
Eliminare l'eventuale parte acquosa interna dei citrioli, la parte interna spugnosa di zucchine e melanzane, semi e filamenti dei peperoni.
Affettare a piacimento (a fette, a julienne o a strisce larghe) le verdure e metterle in una ciotola rigorosamente di vetro o ceramica.
Cospargere con sale (per ogni 100 gr di verdure un cucchiaino raso di sale), mescolare e lasciar riposare un paio di ore in modo che rilascino liquido.
Inclinare la ciotola per eliminare il più possibile l'acqua formatasi.
Irrorare le verdure con aceto in modo ce ne siamo coperte a filo, unire l'aglio a fettine e dare una mescolata.
Lasciarle una notte a riposo quindi scolarle, metterle sul canovaccio, chiuderlo a sacco e torcerlo in modo che perdano più aceto possibile.
(Io recupero l'aceto, se non ci sono stati dentro peperoncini piccanti, per fare altri sottaceti o per lavori di pulizia domestica tipo disincrostare i miscelatori del bagno!).
Se possibile stendere tutte le verdure su un vassoio ad asciugare all'aria o al sole coperte da un altro canovaccio (anche lui rilavato in precedenza).
Prendere dei vasetti di vetro e controllare l'integrità dei tappi.
Passarli in acqua bollente a sterilizzare e farli asciugare oppure passare dentro e sotto il tappo un fazzoletto intriso di aceto.
In una ciotola sempre di vetro o ceramica mettere le verdure asciugate, olio che possa condirle abbondantemente, spezie varie e mescolare.
Prendere un barattolo per volta, versarci un mezzo bicchiere di olio facendolo poi roteare dentro in modo che veli tutto il vetro.
Inserire le verdure poco alla volta e pressarle aggiungendo un cucchiaio di olio volta per volta se le vedete asciutte.
Pressare per bene e mettere i cerchietti di plastica appositi per fermare le verdure, se li avete.
A fine riempimento dei vasi ottenuti versare olio a coprire abbondantemente le verdure altrimenti possono ammuffire.
Mettere a riposo per l'inverno in luogo asciutto e buio.
L'olio eventualmente avanzato è ottimo per condire insalate.

MA CHI CI ABITA IN CASA FOCUMIA OLTRE A BARBARA?

domenica 22 giugno 2008

Dopo le riflessioni, le analisi storiche e sindrome di quella Rossella vezzosa e un po' scassapalle entra in scena la scassapalle vera di Casa Focumia.
E' Silvia che vi parla e vi dirà qualcosa di più delle abitanti di Casa Focumia.
Per quanto riguarda me se siete venuti a cena da noi vi rinfresco la memoria: sono quella che ridacchia, parla a ruota o non parla per niente, beve birra, si siede a volte scompostamente, infastidisce Barbara toccandole spesso il culo e non vi si fila molto se sta cucinando visto che è irrimediabilmente attratta dalle padelle.
Sono il mulo di casa, sistemo i problemi tecnici spesso con l'ausilio di Marco di Casa Orca, insomma sono un po' Wolf e quindi cerco di risolvere problemi.
Penso di essere di norma socievole, ma se avete detto, che ne so, di sentire solo Laura Pausini e paccottiglia affine, di essere di estrema destra o un cristiano fondamentalista (pensavate forse che l'aggettivo fosse solo applicabile ai musulmani?:P) di sicuro ho fatto facce di disappunto: vi chiederei anche scusa, ma la faccia che sto facendo anche in questo momento non le farebbe apparire così veritiere...
La cabarettista di casa che mette a loro agio tutti resta quindi indubbiamente la bionda Cafarella che però io odio perchè mi impedisce di mettere foto imbarazzanti e/o buffe della casa: vorrebbe forse che mettessi solo quelle in cui lei non c'è? E no! Le più belle sono quelle in cui lei si ingoffa mentre mangia o beve, che le metto a fare altre foto se non posso mettere quelle?
Come descrivere Barbarella: è bionda, biondissima, una Marilyn calabrese, insomma una per cui in un paese islamico si offrirebbero mandrie di camelli e dromedari che poi la famiglia Cafaro trasformerebbe in succulenti insaccati piccanti come al solito! Bà e fatti comprà da qualche arabo che noi siamo tutti felici, per te s'intende...
Ha un po' il vizio di ubriacarsi anche a pranzo e non mangia come un uccellino e quindi fa onore alle tavole di tutti.
La riconoscete dall'attenzione per gli abbinamenti di colore nel vestire e dei gioielli, mai però miseri punto luce di brillanti, no gioielli dozzinali please.
Poi abbiamo Gabri: è quella che si attorciglia con le dita chiocche di capelli (rischiando a breve di restare scoppata).
E' una vegetariana eretica che mangia sughi con carne convinta che lasciare i pezzi di pancetta nel piatto la salvi:)
E' una psicologa che ormai ho capito non essere solo un lavoro, ma un modus vivendi.
La trovate in giro a Roma che spera di non ripetere quell'errore di tentare di andare sulla Tiburtina, ma finire sulla Cassia, ma non è stata colpa sua bensì del navigatore!
Infine c'è Chiara: è quella alta, troppo alta, con varie manie, sempre coi capelli impeccabili, che torna da Napoli carica come un mulo di cose goduriose, ma deleterie per i nostri poveri fegati.
Studia per diventare architetto, ma non sa usare gli utensili, però se ti da "1" consiglio tecnico vincente te lo rinfaccia a vita...
Non vi dico poi che casino quando l'altro giorno un paio di scarpe mie numero 39 è tornato dallo stendino tutti intimorito dalle scarpe di Chiara che le avevano chiamate tutto il tempo nanerottole mentre venivano lavate in lavatrice: ora non vogliono uscire da sotto il letto perchè hanno paura, sti napoletani sono proprio zingari...
Posso però dirvi che da quando la conosco è peggiorata soprattutto perchè dice zezzerie e fa sempre battutacce con doppi sensi: che schifo, io sono una ragazza per bene.
(Kià comunque se dico 10 sai cosa intendo quindi non devo aggiungere altro perchè ho una certa premura e s'è fatto tardi).

Nessuno potrà cancellare post dai contenuti imbarazzanti visto che solo io posso accedere all'account di Blogspot quindi care compagne di casa non mi fate incavolare che mi vendico:D

LA SINDROME DI ROSSELLA O’HARA

martedì 3 giugno 2008

Salve a tutti………
Allora alcune precisazioni prima di lasciarvi alla lettura del tanto atteso, invocato nuovo post.
È chiaro che tutto al mondo è colpa di Casaro e questo si sa, ma vorrei precisare che il blog è di Casa Focumía, non di Cafaro, quindi i post non “devono” essere scritti solo da Cafaro.

Secondo se l’aggiornamento è mensile siamo perfettamente in linea con il trend.
Buona lettura a tutti,
Barbara.

Cari lettori e care lettrici,
per essere politically correct anche se so già che forse questo post riscuoterà maggiore successo presso il gentil sesso.
Spero che tutti voi abbiate visto almeno una volta nella vita “via col vento” lo strepitoso colossal hollywoodiano che attraverso le vicende dei due protagonisti, Rossella e Rhett, tratteggia in modo mirabile la storia della guerra di secessione americana.
Ve lo dico subito, noi oggi non ci occuperemo assolutamente di quest'ultimo aspetto, storia d’amore vince storia 1000 a zero.
Comunque anche se non avete mai visto questo film, sono sicura che almeno una volta nella vita, ognuno di voi abbia sofferto, soffrirà, si troverà a fare i conti con la sindrome di Rossella O’Hara: misteriosa sindrome che s'impossessa della protagonista del succitato capolavoro cinematografico fin dall’inizio del film e non la lascia fino alla fine.
Ed è proprio per questo motivo che oggi vi scrivo e cioè provare a capire insieme a voi le cause di questa misteriosa sindrome.

Allora andiamo con ordine.

Rosella O’Hara è la figlia viziata e capricciosa di un ricco proprietario terriero, che passa gran parte della sua vita convinta di essere profondamente innamorata, del languido mite, pacifico, innocuo, potremmo dire noioso, Ashley.
Rossella le proverà tutte per sedurre il povero Ashley, che nel frattempo non se la fila de pezza diremmo a Roma, convinta com’é, che è solo questione di tempo, che lui in realtà è innamorato di lei, ma che ha sposato Melania non si sa per quale arcano motivo e quindi non fa altro che minare la loro felicità.
Questa ostinazione diremmo, impedisce a Rossella di lasciarsi andare all’amore per il fantastico, mitico, attraente, affascinante, misterioso, passionale, un po’ rude, che non guasta, e chi più ne ha più ne metta Rhett Butler, che appena incontra Rossella capisce che loro due sono fatti per stare insieme e s'innamora perdutamente di lei.
Credo che ogni donna che ha visto il film rispetto all’ostinazione di Rossella che cerca di divincolarsi dalle forti braccia di Rhett mentre lui la bacia abbia pensato: "Ma sei una c……a, ma quando ti ricapita uno così” oppure “Lo conoscessi io un uomo del genere sicuramente saprei come renderlo felice".
Questa ostinazione fino alle estreme conseguenze………… Non voglio però svelarvi troppo, magari a qualcuno viene voglia di vedersi il film qualora non l’avesse già fatto.




Allora vi chiedo e mi chiedo, quante volte vi siete trovati nella situazione di pensare di desiderare ardentemente una cosa, lasciandovi sfuggire quello che intanto succedeva nelle vostre vite?
Che ne so desiderare ardentemente un paio di jeans, che magari se li aveste provati vi sarebbero stati pure male e in tanto non vi eravate accorte di quella graziosissima gonna che era lì per voi solo per voi.
Oppure che ne so quante volte vi siete ostinati a pensare che a voi le patate piacciono solo fritte lasciandovi sfuggire così un ottima pietanza con le patate preparata dalla vostra coinquilina?
Cose del genere insomma
Perché la sindrome di Rossella O’Hara colpisce in ogni campo della nostra vita.
Raccontateci anche voi la vostra esperienza, esprimete il vostro parere, noi attendiamo trepidanti.

LAGGIÚ QUALCUNO ANCORA ASPETTA!

giovedì 8 maggio 2008

Cari lettori,
oggi vi voglio raccontare una storia antica e dimenticata, una storia “sepolta” o insabbiata se noi fossimo “paranoici” e pensassimo che c’è chi manipola le informazioni per veicolare una visione della realtà piuttosto che un’altra.
Storia, che però fa sentire ancora i suoi effetti.
C’era una volta l’unità d’Italia; c’era una “classe dirigente” che avrebbe dovuto gestire questo cambiamento nel migliore dei modi.
La classe dirigente si occupò di innumerevoli questioni, come “convincere” chi era un po’ scettico o attrezzare il paese per affrontare il processo di industrializzazione che era ormai iniziato nel resto del mondo.
Rispetto a quest’ultimo problema la classe dirigente ebbe un’idea interessante e rivoluzionaria: visto che al “nord” d’Italia si era già avviato questo processo e visto che la classe dirigente era del nord (ma questo è solo un dettaglio), pensò bene di “prendere in prestito” le attrezzature, le materie prime, la forza lavoro e tutto quanto servisse, dal “sud”. Chiese in prestito a quelle nuove terre che si erano “annesse” al fantastico regno d’Italia tutto quanto serviva. Terre che forse non erano all’avanguardia, ma che comunque vantavano un certo sviluppo locale. Lì per lì i “meridionali” ci rimasero un po’ male, non se lo aspettavano.
Avevano risposto così tante speranze nell’unità d’Italia: pensavano che i Savoia si sarebbero occupati della riforma agraria, pensavano, anche se con un po’ di diffidenza, che questa sarebbe potuta diventare un’occasione di crescita per le loro vite.
Ed invece........
....................... la storia continua ..........
................................................................. fino a giorni nostri.


PS: ……….. non esiste un “nord” senza un “sud” e viceversa............anche perché è grazie al “sud che Bossi si è inventato la Lega “nord”.

PPS: E’ proprio vero che la mondezza di Napoli è dei napoletani che la Lega Nord è un fenomeno locale che interessa solo quelli del nord?

PPPS: E tu di che punto cardinale sei?!?

Buona lettura a tutti,
Barbara

NDR: Ecco qualche lettura per avvalorare questa "antistoria": http://www.portanapoli.com/Ita/Storia/st_borboni.html
http://www.editorialeilgiglio.it/articles.php?lng=it&pg=310

LA “BELLEZZA” DELLE PAROLE

martedì 29 aprile 2008

Dò il benvenuto a tutti coloro si sono avventurati per scelta o per caso sul blog di casa “focumia”.
Blog, nato per caso, per scherzo, per strane coincidenze astrali, perché qualcuno aveva perso una scommessa……….o più semplicemente per la voglia di esprimersi, di interloquire con il “mondo” con l’irrinunciabile goliardia che ci contraddistingue.
Mi sembrava doveroso inaugurare questo spazio virtuale con alcune considerazioni relative alla “scelta” del nome “casa focu mia”.
Questo nome credo sia stato scelto per “prendere in giro” la sottoscritta, che da calabrese d.o.c. emigrata non perde occasione di condire, mescolare i suoi discorsi con intercalari dialettali del tipo focu mio, mancu li cani, fijioli ecc, come se tutto il mondo fosse in qualche modo un po’ calabrese e potesse capirne il senso, o come se questi intercalari fossero il proseguimento naturale e necessario dei propri pensieri, di qualsiasi discorso, come se senza quegli intercalari lo stesso discorso perdesse di senso, di consistenza.
Quindi un po’ per scherzo un po’ per vezzo si è pensato a questo nome per il nostro blog.

L’espressione focu mio può essere tradotta in “Oh mio dio!”, “Ohimè”, rispetto a situazioni, eventi percepiti come potenzialmente pericolosi.
L’aspetto interessante di questa espressione è che la dimensione della catastrofe, della tragedia, dei guai in vista è identificata con la dimensione estremamente concreta del fuoco.
Ma perché la scelta del fuoco?
L’evocazione del fuoco nasce infatti dal rapporto secolare della Calabria con il fuoco e con gli incendi, che ha segnato profondamente il popolo calabrese e la sua storia. Alcuni studiosi del dialetto calabro fanno risalire infatti l’origine di questa espressione proprio alle preoccupazioni del popolo calabrese per gli incendi e per la distruzione e la morte che ne conseguivano.
Preoccupazione che esautorava tutto, tanto da diventare La preoccupazione, l’unica possibile, tanto da diventare e rimanere a tutt’oggi il simbolo del preoccuparsi per qualcosa che sta per succedere. Non c’è un calabrese che di fronte a qualcosa che lo preoccupa non esclami ancora o focu mio!
Dopo anni e anni di “focu mio” detti con non chalance a destra e manca grazie alle mie coinquiline, ho avuto la possibilità di fare un viaggio all’interno di queste parole, di una storia, della mia terra, dell’uso di una lingua. Mi sono imbattuta in un aspetto interessantissimo dei dialetti, e cioè la loro capacità di condensare in singole parole tutto un mondo, di restituire concretezza a dimensioni che oggi chiameremmo immateriali. A tanti anni di distanza dalla mia partenza dalla Calabria mi rendo conto che forse ancora prima dei vesti o dei viveri che caratterizzano qualsiasi migrazione calabrese io ho messo in valigia le parole, le espressioni della mia terra, che come nel caso di focu mio sono in grado di convogliare in una singola parola la storia di un popolo, le sue peripezie, le sue preoccupazioni, le mille emozioni che sperimenta.
Queste espressioni dialettali hanno attraversato indenni il tempo e sono arrivate fino a noi cariche della loro storia. Storia che per abitudine, sbadataggine a volte non vediamo, ma che comunque fa sentire il suo peso, incide nei discorsi che facciamo e li presente pronta per essere ricompresa.
È bastato un attimo infatti per riscoprire con occhi nuovi il significato di un’espressione di cui faccio un abuso quotidiano.

Buona lettura a tutti,
Barbara